NBA, PACIFIC DIVISION: I CLIPPERS VOGLIONO FARE LA STORIA (PER DAVVERO)

Submitted by mattia.todisco on Mon, 10/17/2022 - 16:00
Hero image
Autore
Redazione
news date
News di tipo evento?
No

Tra poche ore la giostra NBA riaprirà i battenti: le 30 franchigie del campionato più bello del mondo inaugureranno ufficialmente la corsa che le porterà a giugno a giocarsi l’anello nelle Finals tra le vincitrici dei play-off delle due Conference (Eastern e Western), peraltro a ridosso di un Draft che si preannuncia davvero scoppiettante con il francese Victor Wembanyama oggetto del desiderio di mezza lega (se volete sapere di cosa stiamo parlando andate qui). A pochi giorni dal via, un check up delle 30 formazioni in ballo è più che ragionevole, e oggi tocca a quelle che popolano la Pacific Division. Ogni giorno proveremo a scoprire una singola division e le ambizioni delle rispettive squadre, cercando di arrivare all’opening night con tutte le informazioni necessarie per sapere quello che potrà succedere da qui al prossimo giugno.

 

GOLDEN STATE WARRIORS, IL CASO GREEN E TANTI DUBBI

A giugno hanno riscritto la storia, e dimostrato che la dinastia Warriors è tutt’altro che finita. Del resto, 6 finali negli ultimi 8 anni bastano e avanzano per dimostrare al mondo intero chi è che comanda. Ma Golden State, ironia della sorte, quattro mesi dopo si sente un po’ più fragile e indifesa.

D’accordo, le partenze di Otto Porter jr. e Gary Payton II non possono togliere troppe certezze, anche perché Donte DiVincenzo e JaMychal Green sono ottime prese. E poi torna James Wiseman, tirato a lucido dopo una stagione passata in infermeria. Curry, Thompson e Wiggins sono ancora lì, di certo con una condizione migliore rispetto a un anno fa (specie Klay), Poole è ormai una colonna portante (fresco di estensione per 4 anni a 140 milioni: luxury tax come se piovesse!) e Iguodala è rimasto per fare da chioccia ai Moody e ai Kuminga.

Allora, qual è il problema? Naturalmente Draymond Green, non tanto per quel che combina in campo, quanto soprattutto per quel che ha combinato già fuori, con l’aggressione (debitamente filmata) ai danni di Poole in allenamento. La pena è stata sospesa: Green è stato tenuto fuori qualche giorno, poi è rientrato in gruppo. I Warriors somigliano però a una polveriera: non partono favoriti, e l’alta tensione che si respira non aiuterà a migliorare le cose.

 

LOS ANGELES CLIPPERS, ORA O MAI PIÙ

È tornato Kawhi Leonard, è rientrato a pieno regime Paul George, è arrivato John Wall. Eccoli, i nuovi Big 3 di Los Angeles, sponda Clippers: Steve Ballmer in questi anni le ha provate tutte per andare all in, ma non ha mai avuto in mano un mazzo tanto promettente. Anche perché il roster a disposizione di Tyronn Lue appare piuttosto lungo e corposo: Reggie Jackson e Terrence Mann, in assenza delle stelle conclamate, non sono rimasti a guardare, spedendo i Clips a un passo dai play-off, uscendo al play-in per mano di NOLA.

Adesso però che la coperta è lunga, e se la malasorte non ci metterà lo zampino, i cugini “poveri” di LA hanno tutto per poter pensare di arrivare in fondo. Poi quando conterà servirà anche un po’ di fortuna e qualche episodio favorevole, ma sulla carta la squadra c’è e vuole dimostrare quanto vale. E poi la sfida cittadina con i Lakers è un bell’incentivo a fare meglio.

 

LOS ANGELES LAKERS, IL FALLIMENTO È PIÙ DI UNA POSSIBILITÀ

Sembra quasi un anno zero, ma il reset è stato solo parziale. Anzi, è stato incompleto, perché non ha contemplato ad esempio quel Russell Westbrook che nessuno vorrebbe più avere a libro paga in casa Lakers, ma che nessuno ha voluto scambiare, nemmeno i Nets che hanno avuto Irving sull’uscio di casa per settimane.

Due anni dopo il titolo nella bolla di Orlando, i Lakers sono a un bivio: LeBron ha rinnovato per due stagioni ma sa perfettamente che rischia di restare all’asciutto se non interverrà una trade o un mezzo miracolo da qui al prossimo febbraio. Anthony Davis c’è, ma bisogna vedere per quanto: gli infortuni sono il suo tallone d’Achille (ha saltato metà delle gare di regular season degli ultimi tre anni), e con un Davis a mezzo servizio il neo coach Darwin Ham non saprebbe cosa farsene. È tornato Dennis Schroeder (mai tanto amato), è arrivato Patrick Beverly, ex Clippers col dente avvelenato, ma la sensazione è che il materiale sia insufficiente per puntare al titolo. A meno che non arrivi una trade per Westbrook a cambiare gli orizzonti, ma non prima di anno nuovo.

 

PHOENIX SUNS, L’ELOGIO DEL “VORREI, MA NON POSSO”

La regular season della passata stagione è stata regale, roba che in Arizona mai si erano sognati di vedere. La post season è stata drammatica, con l’eliminazione al secondo turno per mano di Dallas dopo essere stati avanti 3-2 nella serie. Insomma, quando la posta conta, i Suns hanno dimostrato di sciogliersi per davvero… al sole, come già capitato nelle Finals 2021 (da 2-0 a 2-4 contro i Bucks e addio sogni di gloria).

Sulla carta la squadra è rimasta la stessa, ma con un anno di più sulle spalle e dunque la necessità di vedere quanta benzina sia rimasta nel serbatoio di qualche veterano. Chris Paul a 37 anni non vuole arrendersi, ma il sogno di vincere l’anello è sempre più lontano. Devin Booker quest’anno spera di non dover fare i conti con gli infortuni come gli è capitato lo scorso anno, e DeAndre Ayton (in rotta con il coach Williams) dopo il rinnovo a 138 milioni per 4 anni deve dimostrare di essere davvero un all star, e non soltanto un’eterna promessa. I segnali però sono abbastanza contrastanti: Jae Crowder ha chiesto di essere ceduto, e senza di lui Phoenix perderebbe tanto in difesa. Cameron Johnson ha talento in abbondanza, ma chiede spazio e considerazione. È forse l’ultima vera chance, ma con tante incognite.

 

SACRAMENTO KINGS, LA SCOMMESSA MURRAY PER TORNARE AI PLAY-OFF

Dal 2006 a Sacramento non vedono una partita di play-off: è il digiuno più lungo dell’NBA moderna, una cosa di cui non c’è da vantarsi, ma che i Kings non riescono proprio a cancellare nell’elenco delle cose da fare. Sulla carta qualche velleità in più rispetto al passato adesso ci sarebbe: De’Aaron Fox non è l’ultimo arrivato e lampi di classe ne avrebbe, così come Domantas Sabonis potrebbe dargli più di una semplice mano nel concretizzare qualche bella striscia di vittorie per far salire i Kings nel ranking stagionale.

E poi c’è Keegan Murray, scelta numero 4 all’ultimo Draft, di cui si dice un gran bene e che potrà cominciare subito a dare sfoggio delle sue skills. Anche Kevin Huerter è una bella presa e potrebbe pagare dividendi strada facendo, confidando anche in Mailk Monk, arrivato dai Lakers. Mike Brown è un allenatore di carisma ed esperienza, reduce da una proficua avventura come assistente di Kerr ai Warriors, e potrebbe essere l’uomo giusto al posto giusto. Dopotutto ormai tutti tifano Kings, proprio perché sapere che mancano da così tanto tempo dai play-off fa intenerire all’istante tutto il mondo attorno.

 

(Credits: Getty Images)

Template News
Post
Fonte della news
SN4P
Sport di Riferimento
Basket