La sconfitta maturata nell'ultima uscita della fase a gironi contro il Camerun, ha rotto un pregiudizio che durava da decenni in Brasile. Tutto ruota intorno ad un numero di maglia, il ventiquattro, indossato per la prima volta dopo anni da Bremer, difensore della Juventus.
IL "VENTIQUATTRO"
Un numero che non era affatto ben visto in Brasile per via dell'associazione dello stesso con un gioco d'azzardo tradizionale, il Jogo do Bicho, o Gioco dell'animale in italiano. Ogni numero corrisponde ad un animale, e nel caso del numero ventiquattro, è associato il cervo, tradotto in brasiliano con "veado". La somiglianza nella pronuncia con "viado" è evidente; viado infatti, è il termine con cui ci si riferisce a prostitute transgender. E fino a qui, comunque, non ci sarebbe nulla di male, se non fosse per il fatto che in Brasile vi è una forte omofobia, con l'omosessualità che era considerata reato fino a tre anni fa. Solamente nel 2019 la Corte Suprema brasiliana ha stabilito che le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere costituiscono reato, mentre tornando in campo, nell'agosto dello stesso anno il match tra Vasco da Gara e San Paolo è stato vicino alla sospensione per la reiterazione di cori fortemente omofobi da parte dei tifosi padroni di casa.
LE PAROLE DI BREMER
Intervistato in Brasile poco prima dell'esordio al Mondiale, il calciatore ex Torino aveva risposto così alla domanda specifica della stampa brasiliana: "Per me è una maglia come un'altra, l'importante è partecipare alla Coppa del Mondo, il numero non conta". Parole che sembrano scontate e banali, ma non in Brasile, dove il ventiquattro è diventato il simbolo della rivendicazione dei diritti per la comunità LGBTQ+.
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