UN ANNO DA RICORDARE, MAGGIO 2022: LA ROMA VINCE LA CONFERENCE LEAGUE

Submitted by alessio.berton on Sat, 12/24/2022 - 15:08
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Redazione
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Maggio, il mese delle finali. I trentun giorni più intensi della stagione calcistica europea. Se in Champions ed Europa League il cammino delle italiane è stato tentennante, in Conference League c'è stata una squadra che ha legittimato sul campo uno splendido domino mentale della competizione dalla fase ad eliminazione diretta sino alla finale di Tirana. Parliamo della Roma targata Mourinho. L'allenatore portoghese ha riportato un trofeo europeo nella Capitale dopo decenni. Rileggiamo il post partita della finale vinta contro il Feyenoord.

VITTORIA DELLA CONFERENCE LEAGUE: ROMA AI PIEDI DELLO SPECIAL ONE
Nella notte della Conference League di Tirana, l'impresa della Roma appare come una costellazione poetica ai limiti dell’improbabile, capace di unire l’attacco dell’inno giallorosso "Mai sola mai" di Marco Conidi a un film di Francois Truffaut, padre della nouvelle vague parigina, in cui viene pronunciata la frase "la felicità si racconta male, perché non ha parole".

Ecco, è solo a partire da questo sentimento di indicibile gioia, impossibile da trasmettere in una forma compiuta, ‘cosa sei per me, spiegarlo non è facile’, che si può tentare di provare a parlare del trionfo di ieri sera della Roma. Una vittoria, quella contro il Feyenoord, passata sicuramente non dalla ricerca del "bel gioco" o dell’estetica calcistica. Una vittoria per certi versi "sporca e dura" che, in pieno stile Mou, ha richiesto sofferenza e sacrificio collettivi, nel tentativo di reggere l’avversario anche quando i ritmi di questo si facevano incalzanti, pericolosi e a difendere il risultato era necessario che ogni singolo giocatore si dedicasse alla causa comune. E, senza dubbio, la capacità di riuscire a tirar fuori dai giocatori un sentire comune cosi profondamente condiviso, in cui individuo e collettivo arrivano a intersecarsi sfumando i consumi, è una qualità dello Special One. Scoppiato anch’egli in sincere lacrime nel post-partita, le lacrime di chi è entrato in stretto legame con un ambiente e una tifoseria tutt’altro che semplici, ma con cui il portoghese ha saputo istituire un rapporto di mutua fiducia nell’arco della stagione, reggendo davanti ai passi falsi e ai fisiologici intoppi di un progetto giovane.

Un giovane progetto nato però sotto una buona stella, un astro che nella notte colorata da straripanti festeggiamenti e voci che questa a mattina, a lavoro ed a scuola non avranno tono per riunioni o interrogazioni, illumina quei 14 anni passati dall’ultimo trofeo sollevato - la Coppa Italia del 2008 -, che diventano un’eternità, 61, se corriamo indietro nella storia per raggiungere l’ultima coppa europea di targa giallorossa, la Coppa delle Fiere del 1961. Dinanzi a questa storia costellata di attese, qualsiasi discorso sulla valenza agonistica della Conference League non può che sbriciolarsi, perché questi sono i discorsi pronunciati da bocche invidiose, come se il calcio, la condivisione degli slanci e dei tonfi della propria parte, possano essere calcolati in base a un qualche valore oggettivo. Il valore non è intrinseco agli obiettivi, il valore va formandosi ed è differente da cammino a cammino. Ed il cammino, nella storia, della Roma e di Roma non è certamente una passeggiata lineare, quanto piuttosto un vortice di contrastanti emozioni, a volte capaci di entrare in contraddizione tra loro nell’arco di una sola settimana, tra una giornata e l’altra di Campionato.

Oltre al fatto che, entrando in ambito prettamente sportivo, 15 partite da dover affrontare a livello europeo, con tanto di rischio eliminazione, necessitano di una compattezza sul lungo periodo che nel panorama italiano non si vedeva da anni e per ritrovarla bisogna risalire proprio all’Inter di Mourinho del 2008. Chiudendo il discorso ci rifacciamo alle parole di Karsdorp: “è una coppa europea, me ne frego di chi diche che non sia la Champions o l’Europa League, è un grandissimo titolo per me”.

Quel "per me" che immediatamente si ingigantisce diventando, a Roma, un "per noi" in grado di inondare, ieri sera, ogni quartirere della Capitale, presa d’assalto da sciarpe, bandiere, caroselli di clacson. È anche per questo viscerale coinvolgimento popolare che tutti i giocatori, compreso l’allenatore, hanno riservato parole e dediche per i tifosi. Dense ed essenziali le dichiarazioni di Smalling (uno dei migliori nella notte di Tirana):

"È per loro. Non c’è nulla da dire. Guardateli, guardateli... Non c’è nulla da dire"

E c’era davvero poco da dire quando al triplice fischio, i più di 50.000 presenti all’Olimpico per seguire dai maxischermi la partita, in preda a un entusiasmo ingovernabile, scavalcando gradinate e staccionate, si sono riversati sul terreno dello stadio capitolino, per godere appieno di quella notte magica. Poco da dire, tanto da urlare e cantare, molto anche da piangere. Un furore di difficile comunicabilità, perchè, rifacendoci alla citazione in apertura, la felicità non è dicibile nei momenti in cui viene esperita.

Concludiamo, questo breve e forse ancora ebbro articolo, con un’ulteriore menzione per José Mourinho. Arrivare a giocare 5 finali europee, portarle tutte a casa ed all’alba dei 60 anni (e  34 trofei) commuoversi per una vittoria tanto da non riuscire quasi più a parlare è segnale di un uomo che va oltre le pur azzeccate categorie di stratega, comunicatore incendiario e narcisistico calcolatore con cui viene dipinto. Ha allora un valore altro ed alto vedere, nei momenti di apice, un Mourinho liberato che così bene esprime la stessa liberazione di quel popolo romanista in cerca di "orgoglio, dignità e qualche rivincita", il quale per anni e anni ha dovuto vivere di urla strozzate in gola.

Ecco, la qualità di un progetto complesso come una squadra di calcio, allora, non può avere come unico criterio di valutazione la bellezza estetica. Roma necessitava di carattere, della crescita umana di un gruppo che sapesse come reagire alle difficoltà senza sciogliersi come neve al sole. È proprio questo che ad oggi stupisce più del lavoro di Mourinho, la creazione di un collettivo sano che anche nelle difficoltà sa come non disunirsi.

Grazie Mou. Grazie Roma.

 

(Credits: Getty Images)

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