UN ANNO DA RICORDARE, LUGLIO 2022: WIMBLEDON, VINCE DJOKOVIC MA CHE KYRGIOS!

Submitted by federico.tireni on Thu, 12/29/2022 - 08:24
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Redazione
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Il torneo di tennis più importante dell'anno è andato a Djokovic, il quale ha vinto in finale contro uno che, fino a fine giugno, non era di sicuro fra i papabili finalisti di Wimbledon. Ma Nick Kyrgios ha vissuto due settimane incredibili, battendo tutti gli avversari con un gioco fatto non solo da potenza e provocazioni psicologiche, ma anche di tanta qualità. La fortuna poi, lo ha aiutato in semifinale, con Nadal che sarebbe dovuto essere il suo avversario, costretto al ritiro per infortunio. La finale contro Djokovic è stata l'occasione della vita per Kyrgios, il quale ha dovuto però arrendersi alla qualità del serbo. Rivediamo insieme la storia di Kyrgios, andato ad un passo dalla storia.

 

WIMBLEDON: KYRGIOS, L'OCCASIONE DELLA VITA

Odi et amo. Chissà se Catullo, quando scrisse il carme 85, pensava che un giorno la sua frase sarebbe stata ripresa per descrivere il rapporto che Nick Kyrgios ha con la racchetta e il mondo che la circonda. Di sicuro il poeta latino ignorava cosa fosse il tennis, ma fosse vissuto più di duemila anni più tardi magari si sarebbe domandato che significato avesse questo modo assai ondivago e imprevedibile che da qualche stagione ormai contraddistingue la carriera del giocatore australiano.

Che un anno fa di questi tempi si apprestava a entrare in un tunnel che avrebbe potuto farlo deragliare per davvero: a luglio, dopo l’eliminazione a Wimbledon al terzo turno per mano del canadese Auger-Aliassime, agli occhi di Kyrgios stava per materializzarsi una vera e propria disfatta su suolo americano, con la vittoria su Kevin Anderson nell’ATP 250 di Atlanta come unico raggio di luce prima di una striscia di 4 ko. tra il secondo turno in Georgia (per mano di Norrie) e i debutti di Washington (contro McDonald), Montreal (per mano di Opelka) e Flushing Meadows (battuto da Bautista-Agut).

Un finale di stagione inglorioso, tanto che neppure sarebbe tornato in campo prima degli Australian Open di gennaio: il bilancio del 2021 era appena in parità (7 vinte e 7 perse), ma sostanzialmente le voci di un possibile ritiro avevano un che di fondato e realistico. Kyrgios era spalle al muro, incapace di capire cosa gli stesse succedendo, tanto dentro quanto fuori dal campo (a dicembre viene fatta risalire una presunta aggressione all’ex fidanzata, che il 2 agosto lo attende in tribunale per la prima udienza). Il tennis non era più un gioco, né uno scopo o un divertimento: la vita gli stava letteralmente scivolando dalle mani.

 

DAL PROFONDO DEGLI ABISSI ALLA MERAVIGLIOSA RISALITA

Cosa sia accaduto negli ultimi 12 mesi, o forse sarebbe meglio dire negli ultimi 6, non è semplice e nemmeno facile da spiegare. Nick di sicuro ha ritrovato la voglia di giocare e di divertirsi per davvero: in Australia ha conquistato il titolo in doppio con Kokkinakis e quella è stata la scintilla che ha riacceso il fuoco sacro che da qualche parte covava dentro di lui.

Dopo un biennio fatto di soli 23 incontri giocati, di cui 13 vinti e 10 persi, nel 2022 la musica è cambiata in fretta: alla vigilia della finale di Wimbledon il bilancio parla di 21 vittorie e 6 ko., con due semifinali centrate sull’erba (ad Halle e Stoccarda) prima della cavalcata al Championship che ha sorpreso per primo lo stesso Kyrgios, che pure da qualche parte sapeva che la storia lo stesse aspettando.

Dire quale sia stata la chiave di volta non è semplice, né scontato: la ritrovata stabilità sentimentale da un lato può avere aiuto, ma la verità è che erano anni che l’australiano non giocava in modo così continuo, e forse la necessità di concentrarsi quotidianamente sul proprio gioco gli ha permesso di mettere per davvero il tennis al primo posto.

Dimenticatevi insomma del Nick che tira a tardi prima di un ottavo di finale a Wimbledon o in qualche torneo in giro per il mondo, dimenticatevi del ragazzo sempre e solo bizzoso e rissoso che fa dannare i giudici di sedia (e a volte di linea) e battibecca come se fosse tutto normale con il pubblico.

Kyrgios è maturato nella testa, e gli déi della racchetta hanno voluto concedergli una chance: al 30esimo tentativo, finalmente è arrivata la prima finale slam in carriera, un qualcosa semplicemente non pronosticabile giusto una manciata di giorni fa. Al di là di come andrà la finale con Djokovic, la favola dell’edizione 2022 è debitamente servita.

 

MAI UN GIORNO È COME L’ALTRO

La cabala non dava troppo credito alla legittime ambizioni dell’australiano di tornare competitivo ai massimi livelli. E a chi ritiene che la fortuna c’abbia messo lo zampino, togliendogli di mezzo prima Berrettini (che avrebbe potuto affrontare ai quarti) e poi Nadal, Kyrgios ha risposto dicendo di aver solo sfruttato l’occasione. Ma spiegando anche ciò che da fuori può apparire semplice e scontato, ma che così semplice e scontato poi non lo è:

“Gira una foto da qualche ora che mi ritrae poco più che bambino con una racchetta in mano e una corporatura piuttosto grassoccia. Sembravo Manny della serie “Modern Family”: un ragazzino obeso non ha molte chance di arrivare a giocarsi una finale a Wimbledon, ma io sono la dimostrazione vivente che tutto questo è possibile. E voi basti ricordare dov’ero solo 6 mesi fa, precipitato fuori dalla top 100 mondiale e con l’autostima sotto le scarpe. Il mio rapporto col tennis è di odio e amore: sono ultra competitivo, voglio vincere sempre, ma comunque finirà domenica sera sarò un uomo felice”.

Piccola bugia per i lettori: Nick sarà davvero felice solo qualora riuscisse a battere quel Djokovic col quale per anni s’è preso a male parole sia dentro che fuori dal campo, ma che è stato il primo a difendere dopo la vicenda del mancato ingresso in Australia nel corso del primo slam della stagione.

“Viviamo una sorta di “bromance”, nel senso che adesso ci rispettiamo come uomini e come avversari. Addirittura a inizio settimana mi ha augurato di rivederci in finale, ed è successo per davvero”.

Kyrgios rappresenta meglio di chiunque altro ciò che non è convenzionale: vive ogni giorno non con la sua pena, piuttosto con le sue sfumature di colori. E a 27 anni può dire di aver vissuto non una, ma forse 10 o 100 vite nel tennis. Che potrebbe incoronarlo sul trono più ambito, là dove siedono le leggende più autentiche.

“Non sono al livello di Roger, Rafa e Nole e so che quando smetteranno il nostro mondo ne uscirà assai più triste, perchéì non nascerà qualcuno come loro”.

E nemmeno come Nick…

 

(Credits: Getty Images)

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