1984 – 2019. 35 anni, 34 modelli delle sneakers per definizione, le mitiche Air Jordan.
His Airness ha cambiato non solo l’NBA, ma il basket in generale, così come il mondo del professionismo sportivo. Ha determinato l’affermazione di uno (anzi, due) brand di streetwear a livello planetario e la sua immagine, nell’icona stilizzata che lo vede librarsi in aria per schiacciare a gambe divaricate, si è distinta ai piedi di milioni di persone, giovani e meno giovani, uomini e donne, magari nemmeno consapevoli di cosa sia una palla di basket, ma tutti appassionati del marchio di MJ.
Ma cosa pensa l’attuale proprietario della franchigia dei Charlotte Hornets delle sue scarpe?
Pare che il modello che, soprattutto per merito delle collab più recenti, stia mandando in rovina migliaia di collezionisti e aspiranti reseller, le cosiddette Jordan I (che in realtà alla loro prima uscita non erano accompagnate dal numero romano), non fosse molto apprezzato da Michael, anzi. E pure le Jordan II, sempre disegnate da Peter Moore, non ebbero il suo pieno consenso. La svolta avvenne col cambio di designer: Tinker Hatfield introdusse con la terza versione una silhouette totalmente nuova, la comparsa della finestrella con l’unità AIR, il logo “Jumpman”, e altri vari dettagli che la resero da subito la scarpa preferita del numero 23 più celebre d’America. Tanto che con questo modello ai piedi fece un back-to-back nella Slam Dunk Contest nell’All-Star Game del 1988, oltre che una delle sue stagioni più prolifiche di sempre per media punti a partita.
Le scarpe erano, come anticipato, una piccola rivoluzione nel mondo delle calzature sportive perché il produttore decise che la cosa più importante da fare fosse conoscere e ascoltare le necessità di colui che avrebbe dovuto indossarle in ogni partita. Fu così che un recalcitrante Jordan, quasi pronto a lasciare il brand dei suoi esordi per passare al rivale Adidas, si fece coinvolgere dall’entusiasmo del giovane Hatfield e spiegò tutto quello che avrebbe desiderato per i suoi piedi. In primis leggerezza, e quindi addio scarpa dal taglio alto e benvenuto formato mid-top – probabilmente anche più apprezzato da chi poi le avrebbe indossate tutti i giorni per strada.
La tomaia venne realizzata con una pelle morbida e su punta e tallone trovò posto un inserto protettivo che doveva ricordare la cute coriacea degli elefanti. In più, comparvero lacci in plastica con diverse opzioni di allacciatura (elemento ripreso ed esasperato nelle Jordan IV nei suoi 18 diversi tipi di allacciature!).
E poi i loghi: Nike Air sul posteriore e, naturalmente, il famosissimo Jumpman sulla linguetta. Una novità del genere richiedeva di certo un lancio in grande stile, amplificato dalla collaborazione tra Jordan e Spike Lee: nel 1986 il regista newyorkese aveva realizzato una pellicola dal titolo “She’s Gotta Have It” in cui interpretava un buffo personaggio dal nome Mars Blackmon, amante di Brooklyn, dei Knicks e delle Jordan! Uno sneakerhead ante litteram, partner perfetto del cestista per il commercial girato nell’88 per presentare, appunto, le Jordan III.
Curiosità: come la maggior parte delle sneaker “da collezione”, anche le Jordan III hanno visto nel tempo una varietà di modelli a tiratura limitata; tra questi spiccano le Air Jordan 3 Retro Legends of Summer, realizzate nel 2013 per celebrare il tour congiunto di Jay-Z e Justin Timberlake. Valore medio sul mercato resell? 9.250 dollari…
(Credits: Getty Images)