CHADZIPANAGIS, “MARADONA GRECO” SENZA LA NAZIONALE

Submitted by greta.torri on Fri, 01/15/2021 - 17:28
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Marco Di Milia
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Con quel nome piuttosto complicato da pronunciare, dalle nostre parti non ha certo la popolarità delle grandi stelle, eppure nella sua Grecia è considerato una vera e propria leggenda. Conosciuto come il “Maradona ellenico”, per estro atletico e somiglianza fisica, Vasilis Chadzipanagis è stato un calciatore unico nel suo genere, con una storia degna di un romanzo epico, tra sfortunate convergenze, strategie geopolitiche e delicati equilibri di regime.

Chioma riccia, baricentro basso e assolutamente sbalorditivo con la palla al piede, i suoi numeri hanno fatto girare la testa alla pragmatica regolarità dei Politburo di mezza Europa, in un’epoca in cui YouTube non poteva certo mostrare al resto del mondo quali prodezze stavano arrivando dall’Est. In campo non ha vinto null’altro che una Coppa Ellados, ma per la Federazione calcistica greca è il Golden Player degli ultimi 50 anni, oltre a essere un elemento di eccezionale disturbo in un periodo storico ancora pieno di incertezze.

La sua vicenda infatti ha inizio a Tashkent, in Uzbekistan, nel 1954, quando il territorio era parte integrante dell’Unione Sovietica. Figlio di due esuli fuggiti dalla guerra civile che stava sconvolgendo il Peloponneso, il giovane Chadzipanagis non ha incontrato nessuna difficoltà a mostrare le sue capacità in un territorio che di pallone ne masticava ben poco. Presto contattato dalla dirigenza del Paxtakor, l’astro nascente del calcio si fa convincere senza pensarci due volte a chiedere la cittadinanza sovietica, secondo le direttive della severa burocrazia comunista, pur di scendere in campo il prima possibile. Diventa così a soli 17 anni la punta di peso della squadra per le sue magiche capacità di dribbling e una portentosa creatività come centrocampista offensivo, contribuendo in modo decisivo alla promozione del Paxtakor nella Divisione Suprema nel 1972.

Un fenomeno subito intercettato anche da Konstantin Beskov, commissario tecnico della selezione Under-19, che lo indica come il più grande talento sovietico dopo Oleh Blochin. Ma per il calciatore non c’è nessun pallone d’oro all’orizzonte, perché pur mettendo a segno una rete al debutto in nazionale e 96 presenze e 22 reti col proprio club di appartenenza, il suo cuore continua a battere verso l’Egeo, finalmente rasserenato dopo i terribili venti di guerra. Con una voltata di spalle all’URSS più unica che rara, il figliol profugo Vasilis decide in fretta di approdare a Salonicco, non per vestire la casacca di società titolate come l’Arīs o il Paok, bensì quella biancoazzurra dello scadente Iraklis, al quale si lega a vita.

Una scelta ancora una volta incauta, che però nel giro di pochissimo tempo mette in moto tutto il Paese per ammirare il suo esclusivo Pibe de Oro. Oltre 3.000 sostenitori affollano la stazione per assistere al messianico arrivo in città e ogni domenica al Kaftanzoglio, lo stadio comunale, spettacolo e prodezze si fanno semplicemente di casa. L’Iraklis, nella stagione 1975/76, arriva così a guadagnarsi la sua Coppa di Grecia ai rigori dopo uno storico 4 a 4 in 120 minuti di gioco contro l’Olympiakos, sancendo però anche la fine dei trofei conquistati da Chadzipanagis.

In patria colleziona 286 presenze e 62 gol, 7 dei quali segnati da calcio d’angolo, retrocede insieme al suo team per illecito sportivo nel 1979-80 e arriva terzo in campionato nel 1983-84, mentre con la Nazionale prende parte solo a due incontri, il primo nel 1976 e il secondo, quando ormai aveva già appeso da un pezzo gli scarpini al chiodo, solo nel 1999. In quei quasi venticinque anni di assenza dalla rappresentativa ellenica c’è un ennesimo colpo di teatro del destino, che gli presenta una doccia gelata direttamente dalla terra di Russia. Già, perché contro la sua presenza nella Grecia di Alketas Panagoulias, dopo l’esordio nella gara contro la Polonia, arriva l’esposto alla FIFA da parte della Federazione Sovietica, avendo il buon Vasilis Chadzipanagis già vestito i colori della Bandiera Rossa in gioventù. Tesi che in ultima istanza viene accordata, negando in questo modo al giocatore qualsiasi confronto internazionale.

E non bastano a cambiare registro nemmeno le offerte provenienti da ogni parte d’Europa: dalla Lazio all’Arsenal passando per Stoccarda, Porto e pure dal Panathinaikos che offre in cambio 90 milioni di dracme, nulla può smuovere il fuoriclasse, sia perché le clausole blindatissime dell’Iraklis non permettono in nessun caso di perdere la propria bandiera e sia perché si temono incredibili rivolte dei tifosi in caso di cessione. Vasilis nel frattempo si accontenta del suo piccolo palcoscenico, non riuscendo davvero a lasciare i propri lidi dopo essere stato costretto a starne lontano per così tanto tempo.

In bacheca non mette praticamente niente, tuttavia un riconoscimento speciale arriva nel 1984 quando riceve la convocazione in un’amichevole per l’Unicef tra i New York Cosmos e un singolare Rest Of The World in compagnia di pezzi da novanta come Beckenbauer, Figueroa, Duarte, Keegan, Pfaff, Oscar, Shilton e Krol. E, infine, un conclusivo tributo arriva proprio dalla Federazione ellenica a cui è mancato in tutta la sua carriera. A nove anni dal ritiro, il numero 10 scende in campo un’ultima volta con la maglia della Nazionale in un match contro il Ghana che ha il sapore della rivalsa e della definitiva affermazione.

Probabilmente, nel corso della sua tormentata avventura sportiva, a sfavore dell’impulsivo calciatore si sono messe in moto forze troppo grandi da controllare che ne hanno inevitabilmente compromesso la parabola atletica, ma per i greci tutti il talento di Chadzipanagis non è mai stato neppure un attimo messo in discussione. Forse, se avesse giocato in un campionato più competitivo, le sue doti avrebbero brillato con maggiore fortuna, illuminate da quei guizzi che noi italiani possiamo solo vedere da sgranati filmati di repertorio. Di certo però non si farebbe fatto mancare per nulla al mondo l’ovazione incontenibile che gli ha sempre riservato il suo Kaftanzoglio.

(Credits: Getty Images)


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