82 ANNI DI TRAP

Submitted by greta.torri on Wed, 03/17/2021 - 12:46
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“Mi manca la panchina, ho avuto anche delle offerte, ma mia moglie ha detto: ‘se esci ancora di casa cambio la serratura e non entri più’; ha le sue buone ragioni”.

Già, perché Giovanni Trapattoni, da Cusano Milanino nella sua eccezionale carriera in panchina ha conquistato il mondo, diventando lui stesso sinonimo di allenatore. Un monumento del calcio, capace di reinventare la figura del mister a suon di trionfi e di epici aforismi, entrati anch’essi di diritto nella storia del pallone. Da giocatore, nel 1963, con l’Italia è riuscito a fermare addirittura Pelé, ma da Mister, in un’esperienza lunga quattro decenni, ha guidato due nazionali, oltre a mettere a segno 10 campionati tra Italia, Germania, Portogallo e Austria, 5 coppe nazionali e 7 titoli a livello internazionale per un totale di 22 trofei che lo hanno reso l’allenatore per eccellenza, quello in grado di vincere ciò che nessun altro potrebbe mai sognare di vincere.

Al Milan, si è diviso, a 34 anni, tra lo staff della prima squadra e il settore giovanile, pronto a farsi le ossa direttamente con una testa di serie, seguendo gli insegnamenti del suo mentore Nereo Rocco. Si gioca presto il tutto per tutto in partite impossibili contro il Leeds United e poi contro il Magdeburgo, ma per ogni colpo incassato, ha preso nota di qualunque particolare, dimostrando fin da subito una tempra ancora adesso inimitabile.

Ha dato il via così a una lunga sequela di successi, dalla Juventus all’Inter andata e ritorno, dove Trap ha forgiato tutto il suo granitico personaggio, con l’intuito e la grinta di cui era capace, unendo, stagione dopo stagione, cuore e cervello a pensieri e modi di dire che hanno contribuito a rendere unico e inimitabile il suo modo di intendere il calcio. “Se non si può vincere bene, che almeno si vinca”, è stata una delle sue migliori massime, consapevole che le dichiarazioni lasciano pur sempre il proprio tempo, ma alla fine ciò che conta sono i risultati. E che risultati, non solo in Italia, ma anche in terra tedesca, consacrata con le vittorie del Bayern Monaco e da una conferenza stampa ormai mitica, e poi, ancora, quelle con il Benfica e il Salisburgo e una capacità rara nel plasmare alla sua figura l’intera compagine che era chiamato a guidare. La squadra, lo spogliatoio, la società assumono quindi le sembianze di uno schema di gioco in grado di coniugare catenaccio all’italiana e la zona pura degli olandesi, marcature a uomo in difesa e attaccanti disposti a zona, ubriacando avversarsi di ogni sorta in un mix di filosofia e carattere da vendere, dentro e fuori il terreno di gioco.

Piovono titoli, ma anche le critiche, a cui risponde sempre con la sua concreta umanità e con quella stoffa che non ha mai ammesso fraintendimenti: “Il successo è un pallone con 4 spicchi. Uno appartiene ai giocatori, uno alla società, uno all’ambiente, cioè stampa e tifosi. Il quarto spetta all’allenatore”, ma anche un più pragmatico: “I giocatori sono liberi di fare quello che dico io”.

E non potrebbe essere diversamente. Tanti auguri Trap!


(Credits: Getty Images)

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