In un campionato contano più le possibilità di massimizzare i profitti o consegnare agli annali le proprie prestazioni sportive? Domanda forse un tantino retorica nel mondo bisbetico del pallone, che però in queste ore risulta anche piuttosto divisiva perché se i principi fondanti del gioco del calcio sono stati codificati nel corso di un lungo secolo, le società sono ormai sono delle vere e proprie imprese con un concreto obiettivo economico che col romanticismo, a ben vedere, c’entra poco.
Là fuori, infatti, c’è un valore di mercato che può essere agganciato prendendo a modello il business della Nfl americana, che con 300 milioni di estimatori fattura più del doppio della Champions League che di tifosi ne conta invece tre miliardi. Così, nel progetto di dodici club europei, tra i più prestigiosi e titolati, c’è l’avvio di una nuova e scintillante “Superlega”, ovvero un torneo che ne aumenta il numero di scontri diretti, in grado non solo ad affiancarsi a quello nazionale, ma anche di sostituire in toto la Champions League, assicurando maggiori profitti per diritti televisivi, sponsorizzazioni e quant’altro. Una proposta che in casa UEFA è stata accolta con un’alzata di scudi e la minaccia di mettere al bando da campionati e manifestazioni di sorta tutte le squadre partecipanti.
Per il circolino dei super dodici d’Europa – cioè Manchester United, Liverpool, Chelsea, Arsenal, Tottenham, Manchester City, Barcellona, Real Madrid, Atletico Madrid, Inter, Milan e Juventus – le possibilità di guadagno si fanno dunque davvero altissime, ma al tempo stesso si moltiplicano anche le prospettive di attirare feroci critiche. Alle accuse di “tradimento dei valori” arrivate in massa da opinionisti, giornalisti, politici, tifosi e perfino calciatori ha fatto seguito il coro sdegnato di diversi club e dei maggiori enti calcistici europei e internazionali, tra i quali anche la Federazione italiana e la Serie A, che in un comunicato congiunto con la UEFA hanno definito il progetto “cinico”, con tanto di avvertimento rivolto alle squadre coinvolte precisando che ne “sarà vietato giocare in qualsiasi altra competizione a livello nazionale, europeo o mondiale, e ai loro giocatori potrebbe essere negata l’opportunità di rappresentare le loro squadre nazionali”.
La Champions League è al momento la più rinomata competizione calcistica a livello internazionale, eppure, per molte delle società più popolari l’attuale modello organizzativo della UEFA appare alquanto insoddisfacente, visto che un nuovo torneo organizzato su base esclusiva e in modo più simile ai campionati sportivi americani, senza retrocessioni e con maggiore attenzione all’aspetto televisivo, frutterebbe guadagni di gran lunga maggiori. Perciò, un campionato come quello previsto dalla Superlega di fatto renderebbe vita durissima alla Champions, privandola delle più blasonate teste di serie. In ballo ci sono cifre da capogiro, finanziate dal colosso americano JP Morgan, che secondo gli investitori “fornirà una crescita economica significativamente più elevata”.
Il presidente designato della Superlega sarà Florentino Perez, presidente del Real Madrid, mentre tra i vice ci sarà Andrea Agnelli, già presidente della Juventus, nonché uno dei principali promotori del progetto e ormai dimissionario dall’ECA, l’associazione dei club europei, formalmente contraria alla Super League.
Chi però ha tuonato contro, tra i tanti, a questa società dei super ricchi è stato Gary Neville, ex terzino del Manchester United, che si è detto “disgustato” dalla Superlega, senza risparmiarsi in aspre critiche sulla dirigenza dei suoi Red Devils. Neville, al pari di molti altri detrattori, è del tutto convinto che una competizione simile, riservata solo a chi può permettersi di pagarsi l’accesso, va semplicemente contro tutti i principi di sportività del calcio. Perché in fondo, il pallone, nella sua geometria perfetta, non dovrebbe mai ammettere disparità.
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