PALLONE D’ORO A CHI?

Submitted by greta.torri on Sat, 05/01/2021 - 08:31
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Marco Di Milia
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No

Per qualsiasi calciatore che si rispetti il Pallone d’Oro è un riconoscimento che segna, inevitabilmente, uno dei grandi punti di arrivo in carriera. Nell’immaginario collettivo il titolo ha finito per rappresentare, nel corso di oltre sessant’anni di edizioni, il trionfo individuale per eccellenza, il premio da conseguire per aggiornare statistiche, termini di confronto e storie da riportare negli almanacchi.


L’idea venne alla redazione di France Football che nel 1956 istituì il premio, inizialmente chiamato “Calciatore europeo dell’anno”, da assegnare solo e soltanto ai giocatori nati nel Vecchio Continente. Un progetto che intendeva in prima linea valorizzare il calcio lì dove era sorto e poi sviluppato, lontano dalle grandi rivoluzioni che stavano soffiando forte dal Sud America. Per questa ragione, fino all’edizione del 1994, l’atleta prescelto, selezionato attraverso i voti della stampa specializzata, doveva essere rigidamente di natali europei, salvo qualche deroga con oriundi eccellenti quali Alfredo di Stéfano per il Real Madrid e Omar Sivori con la Juventus.


In questo modo, a colossi mondiali come Pelé o Maradona il trofeo è stato semplicemente negato per regolamento, lasciando emergere, prima della caduta della discriminante della nazionalità, anche un buon numero di calciatori che hanno avuto poco risalto nelle grandi vetrine internazionali. Sì, perché oltre agli altisonanti Michael Platini, Marco Van Basten, Johann Cruijff e Karl-Hainz Rummenigge, ci sono state anche premiazioni di sportivi che ai più potrebbero suonare come illustri sconosciuti.


Calciatori un po’ misteriosi come Florian Albert, dall’Ungheria, che in carriera ha vestito sempre e solo una maglia, quella del Ferencvaros, con tanto di 258 gol in 350 partite, oppure dell’allora sovietico Oleh Blochin, oggi allenatore, ma che nel 1975 da attaccante della Dinamo Kiev era capace non solo di trionfare su candidati come Beckenbauer e Cruijff, ma anche di segnare una doppietta contro il Bayern Monaco nelle finali di Supercoppa Europea. E così anche il danese Allan Simonsen nel 1977 e il caso probabilmente più noto, quello di Igor Belanov, il cui nome compare nell’albo dei vincitori tra quelli di Platini del 1985 e Ruud Gullit nel 1987.


Nell’edizione del 1986, infatti, il giocatore ucraino ha sbaragliato la concorrenza di Butragueno e Lineker, rappresentando una nazionale, l’Unione Sovietica, che ai Mondiali trionfali del Pibe de Oro non era andata oltre gli ottavi di finale. Eppure il numero 19 proveniente dalla Dinamo Kiev, come gran parte dei suoi compagni di squadra, proprio in quel torneo visse uno dei suoi migliori episodi in carriera contro il Belgio di Vincenzo Scifo. Dopo una serie di incontri piuttosto anonimi, fu proprio Belanov a sbloccare quel match con un primo gol e poi, dopo aver subito il pareggio, a riportare la sua compagine di nuovo in vantaggio. Infine, tra il successivo 2-2 e i tempi supplementari, la sua terza rete non servì a cambiare le sorti della sfida, con i Belgi che chiusero il risultato per 4-3 andando così ai quarti di finale.


Alla premiazione, ritirando il trofeo ebbe a dire: “So che questo premio è più un riconoscimento ai risultati della Dinamo Kiev che un riconoscimento individuale e allora penso che lo avrebbe meritato più Aleksandr Zavarov”. Forse Belanov non aveva tutti i torti, considerando anche quello che sarebbe poi successo. Zavarov fu portato due anni dopo dalla Juventus nel campionato, all’epoca, più bello del mondo, mentre lui, in quello stesso 1988, dopo un rigore sbagliato contro l’Olanda di Van Basten agli Europei cominciò una parabola discendente che gli avrebbe concesso pochissime altre chance di mettersi in luce. In più, prima di tentare ormai non più giovanissimo l’avventura in terra tedesca con il Borussia M’gladbach, a rendere ancora più beffarda la situazione, si mise in mezzo anche il governo autoritario dell’Unione Sovietica bloccando la possibilità di cessione all’Atalanta per l’applicazione di una nuova disposizione che vietava ai calciatori sotto i 29 anni di giocare al di fuori dei patri confini. E, nonostante quel Pallone d’Oro in dote, non ci furono eccezioni che tennero.

(Credits: Getty Images)

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