EURO 1976, CECOSLOVACCHIA AL CUCCHIAIO

Submitted by greta.torri on Sun, 07/04/2021 - 09:32
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Marco Di Milia
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Reduce da quattro anni vissuti sempre in cima al podio, anche all’Europeo edizione 1976, la Germania non sembrava affatto intenzionata a lasciare spazio agli avversari. La squadra però non era più la stessa che aveva trionfato ai Mondiali giocati in casa del ’74. Il “Bomber der Nation” Gerd Müller non è più in rosa, sebbene la nazionale poteva ancora contare sull’esperienza di Beckenbauer e Vogts, così come di giovani quali Hoeness e Bonhof e di un cannoniere che nel proprio nome aveva la miglior garanzia possibile: Dieter Müller.


Il nuovo torneo si gioca in Jugoslavia, negli stadi di Belgrado e Zagabria e per staccare un biglietto per la fase finale e provare quindi a spodestare i tedeschi dal loro trono si presentano 32 rappresentative, divise in 8 gironi da cui usciranno le partecipanti dei quarti.


Ci arrivano le squadre che ti con le loro caratteristiche e qualità rappresentano al meglio le traiettorie del calcio nel Vecchio Continente, Germania e Olanda in testa, che per l’opinione pubblica sono già le due protagoniste designate di una finale-rivincita della sfida mondiale all’Olympiastadion di Monaco di Baviera di appena due anni prima.


Tuttavia, il piano di un nuovo incontro tra le due compagini inizia a scricchiolare sotto i colpi di una Jugoslavia attenta a sfruttare a proprio vantaggio il fattore campo e, soprattutto, di una Cecoslovacchia capace di inanellare una sequenza di risultati positivi senza alcun passo falso. Le partite, poi, assomigliano sempre più a delle vere e proprie battaglie di epica portata per via dei campi completamente invasi da una pioggia torrenziale che si abbatte in quei giorni sui Balcani e che, nonostante tutto, rende ancora più spettacolare la portata di quegli incontri.


L’Italia, dopo la disfatta dei Mondiali, cerca di rifondare la propria immagine partendo da Fulvio Bernardini, sostenitore di una scuola calcistica più dinamica, in accordo con le novità portate in
dono al mondo del pallone dall’Olanda. Uno dopo l’altro vanno via gli ultimi eroi di Mexico ’70, Burgnich, Mazzola, Rivera e Riva, ma per una strana e poco divertente congiuntura astrale si ritrova nel Gruppo V, a fare conti proprio con gli Oranje.


In andata, ci pensa l’arbitro russo Kasakov a rendere tutta in salita l’avventura azzurra: due rigori
negati a Boninsegna,
 e un gol validato a Cruijff in netto fuorigioco. Meno di due mesi più tardi, a Helsinki, arriva una vittoria risicata con la modesta Finlandia grazie a un tiro di Chinaglia dal dischetto che inizia a scuotere dal profondo la panchina azzurra. Bearzot, già titolare in casa Under 21 si avvicenda con Bernardini nel ruolo di supervisore, ma non appiana affatto il distacco da Olanda e Polonia, entrambe a pari merito. Passano i tulipani per differenza reti e all’Italia non resta che leccarsi ancora una volta le proprie ferite.


Eppure, la corsa di Cruijff e soci, da finalisti dichiarati, viene messa all’angolo da una Cecoslovacchia più che determinata. Fa tutto nei tempi regolamentari il difensore Anton Ondruš, con gol del vantaggio e autogol per il pareggio olandese, poi nell’overtime ci pensano Nehoda e Veseli per il 3-1 conclusivo. Sull’altro versante invece, l’altra finalista annunciata, la Germania Ovest, subisce due reti dalla Jugoslavia, ma riesce a rimettersi in carreggiata con gli ingressi in campo di Flohe e Dieter Müller, finendo per chiudere la pratica con un secco 4-2.


Il 20 giugno 1976 nello stadio di Belgrado, i tedeschi si presentano come da copione al proprio appuntamento. Al posto degli olandesi però c’è il calcio muscoloso e fiero della Cecoslovacchia. E si parte subito con un agonismo che non ammette ripensamenti. Svehlik e Dobias siglano il 2-0, Müller accorcia le distanze e riaccende la speranza, fino a un pareggio conquistato con un forcing disperato, a un solo minuto dal fischio finale.


Ai supplementari il risultato però non si sblocca e non essendo previste ripetizioni, per la prima volta nella storia degli Europei, a deciderne il vincitore saranno i calci di rigore. Vanno a segno in
sequenza tutti i tiratori scelti, dall’una e dall’altra parte, fino a quando, per la Germania, sul dischetto si presenta HoenessLa stanchezza e il nervosismo gli fanno spedire il pallone alto sopra la traversa. La disperazione diventa presto consapevolezza, quando Panenka sceglie di beffare i
tedeschi con uno scavetto
 al portiere teutonico Sepp Maier, che entra nella leggenda come “il primo cucchiaio” in un torneo continentale.


La piccola, ma indomita Cecoslovacchia abbatte così la grande macchina germanica, portandosi a casa un trofeo forse inaspettato, ma meritatissimo, tra capacità atletica, determinazione e spirito di gruppo. Ancora una volta, le previsioni della prima ora sono state ribaltate da un gioco che non ammette mai troppe certezze.

(Credits: Getty Images)

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