RUMMENIGGE DETTO KALLE: L'UOMO DAI MUSCOLI D'ACCIAIO

Submitted by Anonymous on Sun, 09/26/2021 - 10:45
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Redazione
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Se sei italiano e dici Karl Heinze pensi subito a un biondino che di mestiere faceva il terzino, che in una semifinale mondiale decise di prendere in anticipo la via degli spogliatoi, trovandosi al posto giusto nel mondo giusto per dare il via alla partita più incredibile ed emozionante che la storia del calcio ricordi. Ma basta uscire dai confini nazionali per capire che Karl Heinze nel tempo è diventato sinonimo anche di altro. Da Schnellinger a Rummenigge il passo non è stato breve, ma abbastanza lineare: l’uno marchiato rossonero fino al midollo, l’altro passato a dare lustro a metà anni ’80 sulla sponda nerazzurra. L’uno difensore, l’altro attaccante. L’uno figlio di un calcio in bianco e nero, l’altro prototipo del nuovo centravanti. Per a passare da Gerd Muller a Rummenigge la differenza la vedi. E beati gli occhi dei tedeschi che se li sono goduti entrambi.

L’EREDE DI MULLER

Il Karl Heinze della nostra storia ha appena festeggiato i 66 anni, nato il 25 settembre 1955 a Lippstad, nella regione del Renania settentrionale. Comincia a giocare a calcio a 8 anni nella squadra della sua città, poi verso i 18 il Bayern si accorge di lui, intuizione felice e foriera di un matrimonio che durerà fino al 1984, facendone una bandiera in campo e poi, una volta appesi gli scarpini al chiodo, anche nella stanze dirigenziali. Appena Rummenigge sbarca in Baviera incrocia il periodo d’oro di metà anni ’70 del calcio tedesco: quel Bayern, con Beckenbauer e Muller in campo, conquista tre Coppe dei Campioni consecutive dal 1974 al 1976 e Kalle fa in tempo a vedersi la seconda in panchina e vivere da protagonista la terza, cui aggiunge pochi mesi dopo anche la Coppa Intercontinentale. Ha appena 21 anni ma ha già una bacheca da fare invidia a chiunque, tanto che l’approdo in nazionale è una naturale conseguenza. Non fa in tempo a disputare gli Europei del 1976 (quelli del “cucchiaio” di Panenka che abbatte la Germania Ovest in finale ai rigori), ma dalla finestra successiva e per i successivi 10 anni l’attacco tedesco sarà affare suo. E il primo gol lo segna proprio all’Italia nell’amichevole dell’8 ottobre 1977 a Berlina, vinta 2-1 dai padroni di casa.

Per assistere alla versione migliore di Kalle bisogna attendere la fine degli anni ’70. Nel 1980 arriva il primo titolo tedesco con il Bayern, bissato l’anno seguente. E in Coppa dei Campioni i bavaresi tornano a fare la voce grossa, pur arrivando in semifinale prima di cedere all’Aston Villa nell’atto conclusivo del 1982. Rummenigge segna gol a ripetizione e France Football gli consegna ben due Palloni d’Oro, quello del 1980 (dove vince l’Europeo in Italia con la nazionale) e quello dell’anno successivo. Di per sé è già una bella favola a cui mancherà il lieto fine: oltre alla finale di Coppa dei Campioni, nel 1982 c’è un’altra finale persa, quella contro l’Italia al mundial spagnolo. Lui fa il possibile, ma contro la difesa azzurra non c’è modo di passare. L’Italia, comunque, sarà nel suo destino: si regala altre due stagioni al Bayern dove vince il titolo di capocannoniere, poi nel 1984 sbarca a Milano, sponda Inter, pochi giorni prima dell’arrivo a Napoli di Maradona. Italia Caput Mundi.

IL NON GOL PIÙ BELLO DELLA STORIA

L’esperienza meneghina non sarà troppo fortunata, anche perché nel frattempo la possente muscolatura di Kalle ha cominciato a presentargli il conto. S’infortuna spesso e nei tre anni italiani le gare saltate saranno quasi quante quelle giocate. Lo score non sarebbe neppure da buttare: 64 match disputati e 24 reti a referto, ma le attese certamente erano altre. E ironia della sorte, di lui il popolo nerazzurro si ricorda più per un gol annullato che non per uno segnato: il 24 ottobre 1984, nella sfida di Coppa UEFA contro il Glasgow Rangers, Rummenigge segna in rovesciata, ma lo spettacolare gesto tecnico viene vanificato dalla decisione del direttore di gara di ritenere che la gamba dell’attaccante fosse troppo vicina alla testa del difensore scozzese, che un po’ subdolamente simulò un colpo e lo indusse a fischiare fallo per gioco pericoloso. Fu come sporcare un quadro d’arte, tanta era la bellezza che offrì agli occhi del pubblico di San Siro. Con l’Inter nel 1987 finisce a male parole, lui che era pacato ed educato come pochi altri giocatori dell’epoca. Due anni al Servette, in Svizzera, gli servirono per vincere altre classifiche marcatori, poi dopo il ritiro e qualche stagione da commentatore televisivo il Bayern gli riaprì le porte, per un matrimonio chiuso nel 2020 con il passaggio del testimone alla presidenza ad Oliver Kahn. A conti fatti, nella sua carriera è mancata solo una gemma: il titolo mondiale con la nazionale, sfiorato sia nel 1982 che nel 1986, quando nell’ultima gara con la Mannschaft non bastò una sua rete per piegare l’Argentina di Maradona, vittoriosa per 3-2. Un cruccio bello grosso, nulla che possa però togliere gloria al buon Kalle.

(Credits: Getty Images)

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