Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. Ecco, magari ad Anthony Joshua non parlate di gatti, almeno per qualche giorno ancora: nulla di personale contro i felini, ma dopo che un “gatto” gli ha portato via tutta l’argenteria di casa è meglio provare a pensare ad altro. E magari ammettere che Oleksandr Usyk, appunto il gatto di Sinferopoli, per una volta è stato più bravo. Pardon, per l’ennesima volta è stato il più bravo: dei 19 incontri combattuti da professionista, nessuno l’ha visto uscire dal ring sconfitto. Ma quello conquistato al Tottenham Hotspur Stadium sabato 25 settembre è entrato di diritto nella galleria dei capolavori della boxe contemporanea. Perché aveva il tifo contro di 60.000 tifosi inglesi, tutti accorsi a celebrare l’ennesimo successo del beniamino di casa. Perché, a dispetto di chi metteva in guardia da facili pronostici, in pochi lo credevano capace di andare a espugnare la terra d’Albione e riportare il titolo in Ucraina 4 anni dopo la fine del regno dei Klitschko. Ma lui ha combattuto da gatto: mai un colpo fuori posto, a riprova di un copione pensato e imparato a memoria durante settimane e settimane di meticolosa preparazione. E così facendo ha sorpreso il mondo, che forse un po’ improvvidamente lo ha sottovalutato per troppo tempo.
DAL CALCIO ALL’ORO OLIMPICO
Sinferopoli è sinonimo di Crimea, oggi annessa alla Russia. Ma Usyk ha detto di sentirsi solo e soltanto ucraino. Non ha paura di affermare ciò che pensa, anche se ciò significa andare controcorrente. E anche la sua carriera nasce in maniera un po’ inconsueta: fino a 13 anni gioca (bene) a calcio, ma la sua famiglia non può sostenere le spese per i tanti viaggi che deve affrontare e allora il giovane Oleksandr “ripiega” sulla palestra vicino a casa. Il pugilato richiede meno sforzi economici, anche se lui si arrabatta per aiutare i suoi a sbarcare il lunario. La vita gli chiede subito un conto salato, lui l’affronta a viso aperto. Fa il suo esordio sul palcoscenico internazionale nel 2006 e coglie subito un bronzo europeo. Da dilettante disputerà 350 incontri, vincendone 335 e perdendone 15. Uno di questi è il quarto di finale ai Giochi Olimpici di pechino 2008, sconfitto da Clemente Russo. Quattro anni dopo arriverà il tempo della rivincita: a Londra lo scontro va in scena in finale, e stavolta se l’aggiudica il pugile ucraino. L’oro olimpico arriva dopo quello europeo del 2009 e duello mondiale del 2011. Non ha più nulla da dimostrare tra i dilettanti, e nel 2013 il salto nel mondo professionistico è il naturale epilogo della storia.
L’EREDE DEI KLITSCHKO
Passare pro a 26 anni è una sfida non da poco. Accettano di scommettere su di lui i fratelli Klitschko, pluricampioni mondiali e decisi a scorgere un erede degno di tal nome. Usyk si presenta bene: i primi 9 match li vince tutti prima del limite, il decimo, contro il polacco Glowacki, lo conquista ai punti (verdetto unanime) e gli vale il titolo WBO dei massimi leggeri. Il capolavoro arriva però nel 2018: a gennaio si presenta in Lettonia contro il beniamino di casa Briedis e gli sottrae la cintura WBC, a luglio va all’Olimpiski di Mosca e battendo il padrone di casa Gassiev conquista anche i titoli WBA e IBF, riunificando tutte e 4 le corone dei massimi leggeri, primo pugile assoluto nella storia a riuscire nell’impresa. La decisione di salire di categoria lo porta ad alzare ulteriormente l’asticella: il titolo intercontinentale WBO strappato a Chisora è il primo segnale bellicoso rivolto alla “nuova” concorrenza.
LA NOTTE MAGICA
Per andare a competere con i giganti, Uysk ha dovuto aumentare un po’ la massa, arrivando a pesare 100 kg in un corpo da 191 cm con un allungo mancino di 198 cm. Nell’estate del 2021, un po’ a sorpresa, gli capita l’occasione della vita: Joshua attendeva di sfidare Tyson Fury, il quale però ha dovuto concedere l’ennesima rivincita a Wilder rimandando il proposito all’anno venturo. E allora ecco, pronta e servita la cena: sulla via che conduce alla sfida che tutto il Regno Unito attende da mesi, per non perdere il vizio al campione in carica WBA, IBF, WBO e IBO hanno dato in pasto il “gatto”, novizio della categoria. Ma le cose a Londra non vanno come previsto: Usyk è pimpante e reattivo, i colpi di AJ arrivano ma non fanno male, il match è tattico ed equilibrato fino a quando, nell’ultimo round, l’ucraino non coglie al volo l’occasione, costringendo il campione alle corde sotto una serie micidiale di colpi. Il verdetto unanime è ineccepibile e Usyk diventa il nuovo re della boxe mondiale. Lui che da piccolo sognava di giocare a calcio, lui che ha una famiglia numerosa (tre figli) che non ha mai smesso di sostenerlo, lui che sente davvero di essere l’erede di una scuola, quella ucraina, che a distanza di anni continua a dominare. Lui che, come è solito fare sul ring, è uscito fuori alla distanza: a 34 anni il mondo è a suoi piedi, ma detronizzarlo non sarà impresa semplice per nessuno.
(Credits: Getty Images)